Per capitèllo si intende una piccola costruzione destinata a contenere e proteggere una immagine sacra.  Se ne ha menzione ufficiale nel 1128 durante il dogado di Domenico Michiel.

Collocati nel labirinto di calli e campielli, avevano anche la funzione di sopperire alla mancanza di pubblica illuminazione, diventando il punto di aggregazione della comunità della calle. Di questo consistente patrimonio di religiosità popolare, tradizione e folclore ne sono arrivati a noi 500 con una forte presenza nei più popolosi e popolari sestieri di Venezia, sopravvissuti alle incurie dei tempi e degli uomini.

Venezia città d’arte ma anche e sopratutto città sull’acqua, espandeva la sua religiosità all’imponente e variegato mondo delle barche. Dal bucintoro dogale alle stazioni di traghetto dagli stazi delle gondole alle barche dei pescatori, tutti avevano questi riferimenti religiosi. Nella stessa laguna è facile incontrare sopra un palo o su una bricola un piccolo capitèllo in legno che segna un canale, una zona di pesca, o prima di uscire dalle bocche di porto, posto dai pescatori che si raccomandavano prima dell’uscita in mare o al rientro  dalla pesca.

Tra i più interessanti di questo genere, sono quelli ubicati sui traghetti delle gondole che oltre a quello classico in legno sul casotto, è ancora possibile vederne qualcuno di antico montato sulla testa di un palo infisso nell’acqua detto: “La Madonna del feral” perché costituito da un grosso fanale esagonale elaborato e finestrine con vetrini a piombo entro il quale c’è una statuetta della Madonna.

Ancor oggi nelle isole di pescatori come Burano, Pellestrina, Chioggia ci sono riti dedicati alla pesca e alle tradizioni di mare. Il primo Agosto un corteo acqueo si snoda dall’isola di San Domenico per arrivare al capitèllo della Madonna Immacolata all’imboccatura del porto di Chioggia per la benedizione del mare e la recita della preghiera del pescatore che ricorda non solo la bellezza e l’immensità del mare ma anche i suoi pericoli.

G.D.P.