Giuseppe Carli

Giovanni Carli padre di Vittorio e Giuseppe (1873-1929) è il primo ad abbracciare l’arte del remèr svolgendo il suo apprendistato presso la bottega di Bastian Pagnacco. Alla sua morte i figlio maggiore, Vittorio (1903-1950), succede il padre nella conduzione della bottega da lui aperta. E’ abilissimo e veloce e non gli mancano intraprendenza ed attitudini commerciali; spesso collabora con i Tramontin divenuti gli squerarioli della Real Casa di Savoia. Lo aiuta in bottega il fratello Giuseppe. Alla morte di Vittorio, Giuseppe (1915-1999) si trova a dover affrontare una difficile scelta, se continuare l’attività del fratello o chiudere la bottega.

Era il 1950, si era appena usciti dalla guerra, i gondolieri pagavano i remi a rate mentre, sempre più barche venivano corredate di motori. La figura del fratello inoltre sembra insuperabile per lui, meno intraprendente e più riservato. Fatta la difficile scelta, Giuseppe si ritrova a gestire la sua grande dote, la capacità plastica. Le sue fòrcole sono armoniose ma mantengono nel contempo, una riconosciuta perfezione tecnica. Ben presto diventa il remèr di tutti i grandi regatanti, e dei gondolieri.

E’ a metà degli anni cinquanta che Giuseppe Carli ha un’intuizione geniale toglie la fórcola dalla barca e la mette su una base facendola diventare un oggetto apprezzabile in sé per le sue qualità plastiche ed artistiche. Alcuni critici d’arte lo scoprono e si organizzano cosi mostre alla Bevilacqua La Masa di Venezia, Losanna, Firenze e Stati Uniti. Giuseppe può così affrontare la crisi degli anni sessanta avendo comunque questo sbocco commerciale; ciò gli permette di affinare la sua innata sensibilità senza farlo allontanare dalle necessità funzionali a cui le fórcole devono rispondere e senza fargli abbandonare i principi ed i metodi costruttivi appresi dal fratello.

Ormai la sua è l’unica bottega da remèr e riesce a gestire tutto il lavoro necessario fino al 1975 quando nasce la Vogalonga. L’aumento della domanda lo spinge ad assumere due apprendisti Saverio Pàstor (1975) e successivamente Vittorio Marcoleoni (1977). Nel 1983 Giuseppe Carli inizia ad insegnare il mestiere a Paolo Brandolisio che raccoglierà la sua eredità. Si spegnerà dopo lunga malattia nell’Ottobre del 1999.

Tutti noi lo ricordiamo come il vero maestro artigiano d’altri tempi: aveva tutto in testa, negli occhi, nel cuore e nelle mani; il suo agire faceva capo a principi antichi ed anche la sua parlata era di un’arcaicità ormai rara. Non trascriveva mai nulla e si ricordava tutto: misure, debiti, crediti ed ogni lavoro fatto anche decine d’anni prima. Era orgoglioso e cosciente delle sue capacità e delle sue idee che esprimeva liberamente parlando volentieri con tutti coloro che passavano per la bottega. Il suo rimpianto era di non aver potuto studiare e, quindi, di non poter scrivere ciò che pensava.