Il graduale costituirsi in Venezia di strutture corporative organizzate, che riunivano quanti esercitavano il medesimo mestiere, può forse essere fatto risalire al tardo XII secolo. Anche se non si può escludere la presenza di preesistenti forme associative fra artigiani, a tutela dei comuni interessi lavorativi o con finalità devozionali e di mutua assistenza, richiamate ad esempio nelle più antiche promissioni dogali (di Jacopo Tiepolo nel 1229 o di Renier Zeno nel 1253), che descrivono le prestazioni (servicia) che calafati e marangoni da nave erano tenuti periodicamente a fornire al Commune Veneciarum.
Nei primi decenni del Duecento la normativa consuetudinaria inizia ad essere codificata nei “capitolari” delle arti, cioè gli statuti elaborati in seno alle stesse associazioni di mestiere, quindi riordinati e ratificati dallo Stato. Un notevole apparato legislativo specifico, di tutela e di controllo, perfezionato nel tempo, non consentì mai tuttavia alle strutture corporative veneziane di assumere ruoli di compartecipazione politica o di influenza paragonabili a quelli altrove acquisiti nel mondo medioevale italiano. Alle categorie artigiane erano piuttosto demandate incombenze di natura assistenziale e previdenziale nei confronti dei propri associati, anche se nei confronti di quelle direttamente legate alla cantieristica navale la Serenissima riservò sempre, per motivi facilmente intuibili, attenzioni particolari.