REGATA

Per una città che vive sull’acqua la cui sopravvivenza e tutti gli spostamenti si basano sulle barche e i loro rematori era naturale avere espressioni in tale senso. Ai giochi favoriti anzi promossi dal Governo Veneziano per mantenere l’agressività, lo spirito agonistico, l’abilità e la destrezza utili anche a sostenere gli sforzi in caso di conflitto in mare, appartenevano le regate. Le tipologie di barche partecipanti erano le più varie, dalle galee di stato alle peote, balottine, gondole o sandoli in relazione all’evento, agli eventuali ospiti illustri o alle semplici feste di sestiere.

Per il popolo la competizione era pratica normale, pensiamo ai pescatori o agli ortolani delle isole che giornalmente facevano a gara per arrivare tra i primi ai mercati. Anche le donne non erano da meno in abilità e forza. Periodici erano invece i “corsi” regatelle più sportive dove vogatori spesso patrizi abili nel condurre gondole e balottine o fisolere, si cimentavano in competizioni

NAUMACHIA (combattimento navale)

Gioco basato sull’abilità, era il combattimento tra barche, una sorta di adattazione del torneo cavalleresco ambientato a Venezia. Leggere barche con agguerriti equipaggi armati di lunghe aste con la punta imbottita cercavano di “disarcionarsi” a vicenda.

Se la sfida è tra campioni, i vogatori hanno solo il compito di condurre la barca mentre gli sfidanti saliti su una tavola sporgente a prua, si affrontavano con asta e scudo.

Mentre la prima è più una rissa, la seconda versione da più sensazione di un torneo tra cavalieri (d’acqua) e ancor oggi viene raramente rispolverata a carnevale. Nel 1631 il Consiglio dei Dieci deliberò l’esclusiva dello Stato per indire le regate e rilasciare deleghe alle varie corporazioni di Arti e Mestieri o Compagnie de Calza.